giovedì 2 giugno 2011

Forbidden door

Finalmente giunto nel deserto.
L'aria secca, il cielo cupo, la terra chiara spaccata dalla siccità. C'era la pace che solo la morte poteva dare, una pace di un altro mondo. 
Davanti a me le rovine di antiche città mai esistite, puro ignoto solidificato in blocchi di roccia, scolpita dallo scorrere impietoso del fiume del tempo.
Perfino il sole, sembrava avere un rispettoso timore di quel luogo. Sacro sacrilegio. Un sole foriero di strani colori saliva del crepuscolo, le ombre lunghe come orizzonti dipingevano le zolle spaccate su cui camminavo. Nuvole bianche e grigie scorrevano su un cielo velato, fumoso, mai libero e mai uguale.
Davanti a me le rovine parlavano fra di loro in un linguaggio morto, incessantemente, ogni parola risuonava di tutta l'antichità di cui era figlia.
In quella landa mentale mi avvicinai ad una porta di pietra, su di lei le statue dei demoni Pazuzu e Belial mi gurdavano dai loro occhi solcati, potevo sentire le benedizioni piovere dalla loro presenza, a cui facevano eco solo il rumore delle crepe sulle statue.
La porta stava lì, chiusa ma non proibita. 
Ormai ero stato strappato al mio mondo, non era più saggio tornare ad esso col pensiero, un uomo deve camminare in avanti. Consapevole di non avere scelte, del mio fiato sempre più corto e della folle paura che mi bagnava la mente, chiusi gli occhi e mi accorsi della volta stellata impressa nell'interno mie palpebre nere. Bagnando la terra col sudore, la mia mano spingeva la ruvida porta, uno scatto d'orgoglio e la porta si spalanca. Spalancata come l'arrivo della primavera, il mondo cambiava, ingoiato, come ingoia un serpente, da una luce famelica. Pace, nulla, ogni muscolo è rilassato. Davanti a me un chiarore bianco, poii boccioli che fioriscono continuamente e scompaiono, e finalmente l'origine del tempo.
Stava lì, aveva l'aspetto di una bambina, giaceva in piedi su un altare di cielo notturno condensato, giaceva da eoni da lei stessa generati.
Fiumi di tempo liquido bagnavano un terreno che non esisteva, mentre lei generava il tessuto invisibile dello scorrere degli eventi, versandolo verso tutto ciò che non era lei.
La mia mente stava per spezzarsi quando fui abbagliato da una luce familiare, il mio sole, di nuovo al suo posto... nel vecchio mondo che avevo perso. Ma era nuovo, rinato nel suo sangue. Capii che il sangue era mio, perchè il mondo che mi circonda e' generato da me stesso, e questo sapeva il profumo di qualcosa di appena nato.
Finalmente sorridente, mi addormentai sotto l'albero di pesco.

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